In tutto il mondo ogni nuovo anno inizia con una serie di riti propiziatori e scaramantici legati al mondo del vino e dell’uva. Scopriamone alcuni insieme.
Un po’ di spumante cade sulla tavola?
Via, tutti a intingere le dita e a bagnarsi il retro delle orecchie. Tutti. Anche i neonati.
Tuo marito ti versa da bere con la mano rivolta verso il basso?
Prendi il telefono e chiami l’avvocato. Divorzista, chiaro.
È mezzanotte?
Si stappa. Col botto. Senza se e senza ma.
È un dato di fatto: al vino è associata una quantità indicibile di manie, riti, scaramanzie e superstizioni umane. In tutto il mondo, dalla notte dei tempi.
Per dire: molti tra noi non accetterebbero mai da bere da chi versa vino con la mano sinistra. Perché? Per un atavico senso della consuetudine o – sarebbe più corretto dire – della scaramanzia. Che ebbe inizio due millenni fa con Giuda (sì, quel Giuda!) il quale – in occasione dell’Ultima cena di Gesù – versò da bere ai commensali proprio così, con la mano sinistra. Beh, quello che accadde dopo lo sappiamo tutti. No?
Stesso risultato (la nostra ritrosia) se qualcuno si premurasse di versarci da bere impugnando la bottiglia con il palmo della mano verso il basso. La spiegazione? Si perde nelle notti del Rinascimento italiano. O meglio, nelle sue cene di corte. Quelle, ad esempio, della famosa nobildonna estense Lucrezia Borgia.
Leggenda vuole infatti che – tra un fagiano ripieno e un pasticcio in crosta – molte delle sue cene si risolvessero (in maniera, diciamo così, definitiva) grazie ad un anello concavo dal tappo rimuovibile dal quale, senza farsi notare, era solita versare del mortifero veleno nel calice del proprio (evidentemente indesiderato) ospite. Verità o malevoli dicerie? In ogni caso, il voto alla fantasia è 10.
E ancora: vi siete mai chiesti perché al brindisi ci si debba guardare insistentemente negli occhi? La risposta arriva direttamente dal Medioevo, epoca in cui – a quanto pare – era pratica piuttosto comune avvelenare gli avversari durante i banchetti. Guardarsi negli occhi, in tal senso, doveva essere una sorta di deterrente per l’avvelenatore che (non vedendo l’atto della mescita) non solo non aveva la certezza di aver centrato con il veleno il bicchiere dell’avversario, ma addirittura rischiava di avvelenare il proprio. Della serie: occhio non vede, veleno non duole.
Ora – sorvolando su queste (per quanto divertenti) poco edificanti pratiche e prendendo spunto dall’arrivo del prossimo Capodanno – proviamo a concentrarci invece su quelli che sono i rituali propiziatori in cui il vino e l’uva assurgono ad assoluti e soprattutto, positivi, protagonisti.
Se da noi il brindisi di mezzanotte a base di bollicine è un must al pari del capo di intimo rosso o del bacio sotto il vischio, in altre parti del mondo colpiscono alcune simpatiche varianti al nostro tradizionale cin cin.
Per dire, in segno di buon auspicio per l’anno a venire, la notte del 31 dicembre i Russi sono soliti scrivere un desiderio su un pezzo di carta, bruciarlo e metterne le ceneri in un calice colmo di bollicine. Spreco o poesia? Dipende. Da come va l’anno successivo, ovviamente.
In Germania, invece, se ci si vuole assicurare un anno fortunato bisogna presentarsi alla mezzanotte con un assetto particolare: in costume, pronti a mangiare dolcetti di marzapane rosa a forma di maialino e, soprattutto, a brindare con Feuerzangenbowle, una nota bevanda della fraternità a base di vino rosso, spezie e agrumi.
Sorvolando velocemente su quelle tradizioni che – sempre in termini propiziatori – prevedono di versare un po’ di vino sui ceppi ardenti del caminetto o raccomandano di gettarsi un bicchiere di vino alle spalle per scacciare la sfortuna, ora parliamo de l’uva de la suerte.
A Capodanno, a Madrid in Spagna l’usanza prevede che tutti – seguendo i dodici rintocchi che precedono la mezzanotte scanditi dall’orologio della famosa Puerta del Sol – mangino dodici chicchi d’uva. Chi ci riesce, vuole la tradizione, avrà un anno felice e sereno: suerte, appunto.
L’uva a ben vedere la fa da padrona anche in Italia, soprattutto al Sud dove un noto proverbio parla chiaro: “Chi mangia l’uva per Capodanno conta i quattrini tutto l’anno”.
Poco da dire, insomma: il vino e l’uva rappresentano un po’ a tutte le latitudini un simbolo di abbondanza, prosperità e unione. Noi di Bosca che siamo cresciuti (per sei generazioni) tra i filari lo sappiamo bene.
Non serve guardarsi degli occhi, non serve gettarle sulla tavola, non serve versarle nel camino. Basta assaporarne un pochino dal calice. Per capire che nelle bollicine c’è già tutta la bellezza, l’armonia e la soavità che cercate per iniziare magnificamente il nuovo anno.