Rompere schemi, superare sfide e dare continuità a una storia lunga quasi due secoli. Nel solco della tradizione, ma con un occhio rivolto sempre al futuro. Ecco le storie di chi ha ispirato la Collezione Luigi Bosca.
Ci sono numeri che raccontano storie.
E alcuni di questi aiutano a spiegare la genesi di questa nuova linea di spumanti che sarà presto disponibile sul mercato.
Una linea che si rivolge a enoteche, ristorazione di qualità e che sarà possibile acquistare su www.bosca.it, nata per celebrare i “Luigi” che hanno nobilitato la storia dell’azienda di famiglia.
Numeri, si diceva.
Prendiamo il ventitré, ad esempio. Secondo alcune credenze, è un mix delle energie dei numeri 2 e 3, dove il primo simboleggia il lavoro di squadra e la stabilità, mentre il secondo richiama concetti come sviluppo, immaginazione, speranza e realizzazione.
Ma nella storia familiare di Bosca, ventitré è soprattutto il numero di traversate atlantiche compiute da Luigi (figlio di Pietro, fondatore dell’azienda 193 anni fa) in quella che, a cavallo tra XIX e XX Secolo, si trasformò presto da semplice intuizione a vera e propria strategia commerciale.
Ventitré volte da Canelli all’altro capo del mondo. Prima su navi a vela, poi su quelle a vapore. Accompagnato in ogni viaggio da mastri bottai che proteggevano il suo vino dagli effetti delle lunghe soste sul mare (nel 1882, per l’Argentina, ci vollero 142 giorni!).
Racconti di un piccolo mondo antico, che tanto antico, alla fine, non è.
C’era infatti una visione dirompente alla base di quella strategia: uscire dai confini regionali e cercare clienti tra coloro che, nel vino, volevano appagare tanto la “sete” quanto la malinconia per la terra natale lontana.
E chi meglio degli emigranti italiani dall’altra parte del mondo?
Luigi aveva capito che il vino, per l’emigrante, era più di una semplice bevanda alcolica: si trattava di un ricordo vivo della patria, delle festività da calendario e della casa paterna nelle feste di famiglia.
Fu così che divenne “il vivandiere degli emigranti”, un ruolo che, anche alla luce delle aperture delle sedi di Buenos Aires nel 1889 e New York nel 1903, si rivelò vincente.
Ma c’è un altro numero che racconta molto più delle semplici cifre che lo compongono: 1932. È l’anno in cui l’azienda di famiglia passa dalle mani di Giuseppe (figlio del “vivandiere degli emigranti”) al suo primogenito, Luigi II.
È lui a trasformare radicalmente l’azienda e, in parte, la coltivazione della vite in Piemonte.
Terminata la guerra, rilancia la strategia del nonno allargando le attività di Bosca a nuovi Paesi quali Messico, Brasile, ex blocco sovietico e addirittura India.
Non solo.
Introduce il sistema di coltivazione detto a “rittochino”.
Una vera rivoluzione per lo sviluppo della viticoltura in Piemonte perché cambia, da orizzontale a verticale, la disposizione dei filari nei vigneti di collina, con tutta una serie di vantaggi per la lavorazione e per la qualità della produzione.
E poi?
Poi c’è un altro numero importante: il 3.
Tre come il terzo Luigi della dinastia: Luigiterzo, primogenito di Luigi II, a cui passano le redini dell’azienda che con lui diventerà “la principale esportatrice di spumante in America” secondo il New York Times.
Ma a Luigiterzo si deve soprattutto l’introduzione di una nuova parola d’ordine che segnerà un prima e un dopo nella storia di Bosca: “usare il passato per inventare l’avvenire”.
Il concetto è innovativo perché, prendendo le mosse da una tradizione ultracentenaria e appoggiandosi a professionalità geniali, sovverte molti degli schemi mentali del mondo del vino del secondo ‘900 e si declina in innovazioni che faranno la storia negli anni a venire.
Una tra tutte?
Il Canei, il primo vino pensato per i non-consumatori di vino. Appena spumante, di moderata gradazione alcolica. L’ennesima rivoluzione, l’ennesimo successo.
E ora la domanda delle domande: come rendere onore a più di un secolo di momenti come questi?
Con il vino. Spumante, per la precisione. E con una linea inedita di nuove proposte dedicate a enoteche e ristorazione.
È così che oggi l’azienda – dopo 193 anni ancora nelle mani dei pronipoti di “quel” Luigi che solcava gli oceani su navi a vela e a vapore – omaggia la propria storia pionieristica.
La Collezione Luigi Bosca, infatti, si rivolge all’Ho.re.ca e porta in dote ben sette novità, tra bollicine Metodo Classico e Metodo Charmat.
I tre Metodo Classico, che -come tradizione impone- affinano nelle storiche cantine Bosca di Canelli (Patrimonio Mondiale dell’Umanità per l’Unesco), sono Alta Langa DOCG, Mille Notti e Mille Notti Rosé.
Per quanto riguarda i quattro Charmat, invece: Blanc de Blancs, Rosé, Valdobbiadene Prosecco Superiore DOCG e Asti DOCG.
Ma quel che è certo è che la visione che nel corso del tempo ha guidato “i Luigi” della famiglia alla conquista di nuovi orizzonti è oggi più viva che mai a casa Bosca.
Anche perché a proseguire questa linea ideale c’è oggi un altro Luigi, anzi Gigi, che insieme alle sorelle Pia e Polina rappresenta la sesta generazione al timone dell’azienda.
Una realtà che per storia e tradizione, da sempre, disegna il presente con uno sguardo rivolto costantemente al futuro.