LA STORIA DI BOSCA ATTRAVERSO I SUOI PERSONAGGI/Puntata #1
Nel 2021 Bosca ha compiuto 190 anni. 190, quasi due secoli. Fa effetto, non è vero?
Ancora di più, forse, se consideriamo che alla guida dell’azienda, oggi come nel 1831, c’è ancora la famiglia Bosca. Giunta alla sesta generazione, con i fratelli Pia, Gigi e Polina.
Non è un vezzo chiamarli per nome. Ha un senso.
E, ancora di più, ha senso voler abbinare a quei nomi un’espressione del volto, le parole che hanno usato, le azioni che hanno compiuto.
Perché, nella più profonda e sincera realtà delle cose, e fin dal principio, la storia di Bosca è sempre stata direttamente collegata alla sue persone. E intorno ad esse ha preso forma, forza, s’è stratificata.
Per questo motivo, volendo raccontare un pò di questa storia, partiamo proprio da loro. Dalle sue persone.
Pietro Bosca, è lui il primo. Il fondatore, Poteva esserci un altro inizio?
“Chi tira per i capelli una persona, con pugni e schiaffi, deve pagare sessanta soldi. Chi proferisce insulti ingiustificati a una donna per bene dieci. Il proprietario della vigna che ferisce un ladro d’uva è assolto. Il furto di un grappolo costa un soldo di multa, due sino al primo giorno di agosto, dopo la zappatura, cinque in seguito.”
Così è come, a fine 18° secolo, gli “Statuti di Canelli” regolano alcuni rapporti giuridici e sociali. Appartengono a un’altra epoca, a un’altra società. Lontanissime da noi e dalla nostra vita. Eppure – per alcuni versi – ancora estremamente attuali. Perché raccontano quanto le vigne di Canelli – in cui si produceva e tuttora si produce il miglior moscato del mondo – siano state e siano una terra preziosissima.
É proprio qui dunque, a Canelli, a ridosso di una collina di moscato nella frazione di Sant’Antonio, che nel 1799 nasce Pietro Bosca.
Contadino, commerciante, borghese, proprietario terriero? Difficile definirlo con uno solo di questi termini, affibbiandogli un’etichetta. Molto più semplice ed efficace farlo rispolverando il suo modus operandi.
Figlio di Secondo Bosca e Domenica Scaglione, piccoli proprietari della valle del Belbo, il nostro Pietro capisce prestissimo – a differenza della maggior parte dei suoi contemporanei – che vivere della sola produzione d’uva di un singolo appezzamento non è prudente. Troppa l’incertezza politica – siamo nella prima metà dell’’800 – troppa instabilità nella domanda di mercato. Meglio diversificare e ampliare l’attività: comprare uva, commerciare vino, esplorare nuovi mercati, andare oltre confine.
E così, Pietro, un bel giorno del 1831 decide di dare una dimensione concreta alla propria visione. Ce lo immaginiamo così, quella mattina. Un uomo di 32 anni – per l’epoca sono già tantissimi! – che si prepara davanti allo specchio. Aggiusta il panciotto, stringe il cravattino. Mette un pò di brillantina ai capelli. Con le mani riavvia i baffi e la folta barba. Mentre lo fa si rende conto che le sue dita, tra le unghie e i polpastrelli, sono ancora sporche di terra. Terra che viene dalla vigna, dal lavoro nei filari. Pietro si ferma un attimo: osserva le sue mani da vicino. Poi si decide ad uscire. Per andare dal notaio di Canelli. E firmare, con quella stessa mano sporca di terra, l’atto di costitutivo della sua azienda vinicola.
La Bosca che oggi conosciamo – una S.p.A. con più di 50 dipendenti fortemente radicata in Piemonte e presente in numerosi mercati internazionali con i propri prodotti – nasce così.