Una storia speciale, firmata Bosca.
Che lavoro fai, mamma?
Questa storia inizia così.
Con una semplicissima domanda.
Una di quelle che, prima o poi, un figlio fa.
Magari per svolgere un compito assegnato a scuola, magari per semplice curiosità.
La sua risposta, il più delle volte, è standard: abbastanza precisa per delimitare l’ambito, abbastanza generica per evitare dettagli di cui il pargolo probabilmente non comprenderebbe del tutto il senso.
Ma visto che questa è una storia Bosca, la risposta standard non è. Anzi. Perché racconta il mestiere di chi fa il vino. I suoi luoghi, le sue azioni e, soprattutto, le sue emozioni.
Questa storia sta tutta in una lettera. A un bambino, dalla sua mamma.
Caro Edo,
lo ammetto. Ieri sera, prima di addormentarti, la tua domanda mi ha spiazzata.
Che lavoro fai, mamma? – Hai chiesto. E io, arrampicandomi un po’ sugli specchi, mi sono limitata a rispondere: adesso è tardi, ne parliamo domani. Allora hai chiuso gli occhi. Come a dire “va bene”, e ti sei addormentato. Io no. Sono rimasta sveglia e ho pensato a lungo a quello che mi avevi detto. Talmente tanto che ho deciso di scriverti questa lettera.
Perché è giusto.
Che tu abbia la risposta che meriti. Che tu sappia cosa, dopo averti accompagnata all’asilo, fa la mamma. Che io condivida con te la bellezza delle emozioni che ogni giorno provo.
Di lavoro… la mamma fa l’enologa.
Enologa: non sai cosa significa, vero? Ha a che fare con le bolle. Lo so a cosa stai pensando, tesoro mio: e no, non sono le tue amatissime bolle di sapone. Le bolle di cui parlo sono quelle che la mamma e il papà bevono per festeggiare il tuo compleanno. Hai presente quando, dopo aver soffiato sulla candelina, giochiamo a fare cin cin? Ecco, quelle nei nostri calici sono le bolle. La mamma, di lavoro, fa quelle bolle. Buone, il più buone che può.
Al lavoro… la mamma va in una cantina.
No Edo, non quella in cui il papà conserva la sua collezione di dischi e tu la tua bicicletta.
A pensarci, anche la cantina in cui la mamma va ogni giorno sta giù, sottoterra. Ma – più che a una cantina – somiglia a una cattedrale. È alta, altissima e maestosa: come il tuo castello delle favole. E proprio come un castello custodisce meravigliosi tesori. Sono d’oro e d’argento come le monete e i gioielli dentro il forziere dei pirati. Ma non sono dobloni o corone: sono bottiglie piene di bolle che riposano. Fanno delle lunghe ninne per crescere e diventare, al loro risveglio, davvero bellissime. Come il tuo orsetto Camillo, come te.
Ma le bottiglie non sono mica l’unico tesoro che custodiscono, queste cattedrali sotterranee!
Dentro, tra luce ed ombra, grandi silenzi e meravigliosi spazi, ci sono tante altre cose. Ci sono delle proiezioni. Colorate e sognanti, come quelle della tua lanterna magica. Ci sono delle opere d’arte; somigliano alle piramidi che fai tu con i mattoncini delle costruzioni. Ci sono persone che parlano e raccontano storie meravigliose, come farebbe il tuo adorato “raccontastorie” rosso.
Quando lavora…la mamma è felice.
Come lo sei tu. Quando leggiamo insieme il libro delle parole. Quando scendi con il papà giù dallo scivolo. Quando mangi le tagliatelle al ragù. Quando vai al parco con i nonni.
E sai perché? Perché ogni bottiglia mi restituisce un’emozione. La stessa di un falegname che in un pezzo di legno vede già il mobile finito che costruirà. La stessa, per spiegarti ancora meglio, che provi tu quando disegni. Prima di cominciare, studi già le linee, le forme, i colori. E quello che verrà poi non è altro che il risultato della tua splendida immaginazione.
Questo è ciò che rende il mio mestiere il più bello del mondo.
Questo è ciò che rende il mio mestiere il più bello del mondo.
Adesso, amore mio, sai.
Mamma*
*Mara Ghibaudo, Enologo Bosca.