Fin dalla nascita del vino spumante e dello Champagne i produttori si erano resi conto che era diventato necessario sigillare ermeticamente le bottiglie, per evitare che i tappi di sughero saltassero via. E che il vino perdesse tutto il suo aroma e le sue bollicine.
Il primo sistema di chiusura rudimentale era fatto con stracci e cera, ma questo metodo non era sufficiente. La maggior parte dei tappi non resisteva alla pressione interna e saltava via. Inoltre, cera e pece facevano respirare poco il sughero o il legno, favorendo la formazione di muffe.
Si pensò, allora, di chiudere il tappo con una cordicella: un metodo usato ancora oggi per determinate produzioni. Questo metodo, però, aveva due difetti:
- Andava svolto per forza manualmente, almeno fino all’invenzione del primo macchinario rudimentale. Con tutti gli inconvenienti del caso
- Richiedeva la foratura del tappo: cosa che provocava un’alterazione del vino e perdita delle bollicine.
Alcuni produttori iniziarono a fissare le cordicelle con del filo di ferro e un piombino col nome della cantina. È questa l’origine delle moderne gabbiette.
Gabbiette, i primi brevetti
Il primo brevetto fu depositato dal produttore di Champagne Adolphe Jacquesson, nel 1844. Inventò non solo le gabbiette ma anche le capsule in metallo che ancora oggi vengono poste sotto i fili di ferro e personalizzate con il logo dei produttori.
In Italia, il primato spettò a Filippo Valsecchi, che fondò l’omonima ditta nel 1923 in provincia di Como.
E oggi?
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