LA STORIA DI BOSCA ATTRAVERSO I SUOI PERSONAGGI/Puntata #4
Per raccontare la terza generazione Bosca, dobbiamo rispolverare qualche numero e dare una piccola cornice temporale.
Cominciamo da qui: siamo a cavallo tra il XIX° e il XX° secolo.
Luigi – barba, panciotto e bussola – è saldamente al timone dell’azienda. Eppure, con grande lungimiranza, inizia a coinvolgere alcuni dei nove figli nella gestione della sua attività.
Così, Luigi affida al primogenito Roberto Pietro la direzione della prima sede Bosca d’oltreoceano. Siamo a Buenos Aires, è il 1889. Il ragazzo ha appena 24 anni. La filiale Bosca al n.938 di Calle Libertad può vantare già dei notevoli riconoscimenti: in Argentina, infatti, sfoggia i titoli di Marca del mayor Consumo de la Repubblica, Fornitrice di Sua Maestà il Re d’Italia ed Esportatore Mondiale dei Vini del Piemonte.
Insomma, per dirla con un’espressione dei giorni nostri, tanta roba. Ma niente che facesse pensare al buon Luigi di tirare i cosiddetti remi in barca e limitare il proprio campo d’azione. Infatti, da lì a pochi anni, si registra l’apertura di una nuova, prestigiosa succursale estera. Siamo negli Stati Uniti: Staten Island per la precisione, New York.
É qui che in un caldo giorno di luglio del 1909, dopo aver fatto il giro del mondo – Giappone, Cina, Canada – arriva Carlo, il quarto figlio maschio di Luigi. A lui toccherà la direzione di questa filiale. La leggenda vuole che questi dovesse farsi perdonare dal padre delle avventure romantiche che, anni prima, avevano suscitato gran scalpore nella quieta e conformista società di Canelli.
La storia conferma che Carlo sarebbe perfettamente riuscito nell’intento inanellando una serie di successi commerciali che lo avrebbero consacrato come personaggio di spicco della comunità italiana negli States, noto a tutti con il fantastico soprannome di Mister Moscato.
Tutto alla grande, quindi. A gonfie vele.
Ma poi, all’improvviso, una terribile, lunghissima bonaccia. Nell’arco di poco, infatti, l’azienda viene investita da una serie di eventi sfavorevoli, internazionali e interni: la Prima guerra mondiale, il proibizionismo, la Grande depressione economica, la scomparsa di Luigi.
È a questo punto allora – siamo negli anni ‘20 – che si palesa Giuseppe.
L’uomo della Provvidenza, capiremo tra poco.
Il secondo genito, infatti, guida Bosca fuori dalla crisi. Con calma, pragmatismo e un’incrollabile fiducia.
Da Canelli, Giuseppe – sguardo acceso e grandi baffi a manubrio – prende delle decisioni radicali, ma necessarie: chiude la filiale di New York, cede quella di Buenos Aires e, soprattutto, lavora (con, fra gli altri, Martini & Rossi, Cinzano e Gancia) alla costituzione del Consorzio per la Tutela dell’Asti di cui ancora oggi Bosca fa parte.
Un leader silenzioso ed efficace che il giornalismo moderno etichetterebbe come il classico, preziosissimo “uomo di macchina”. Talmente umile e affezionato alle sorti dell’azienda che a sessant’anni, per garantire continuità all’attività di famiglia, esce di scena in punta di piedi cedendone la guida a suo figlio Luigi II. La quarta generazione.
Ma di lui, Luigi il rivoluzionario, parleremo nelle prossime puntate di Beautiful Bosca: rimanete collegati e ne leggerete ancora delle belle!