LA STORIA DI BOSCA ATTRAVERSO I SUOI PERSONAGGI/Puntata #2
Corre l’anno 1843.
A Dresda, per la prima volta, va in scena l’opera “L’Olandese Volante” di Richard Wagner. Esce il primo numero del magazine The Economist.
Charles Dickens pubblica il racconto “A Christmas Carol”.
Corre l’anno 1843.
E a Canelli, da seconde nozze, nasce il primo figlio maschio di Pietro Bosca: il suo nome è Luigi. Segnatevelo, perché (come vedremo nelle prossime puntate di questa rubrica) il nome Luigi tornerà con insistenza in tutte le generazioni a venire.
1843, si diceva.
Sono passati già dodici anni dalla fondazione e, nonostante i vigneti di proprietà siano aumentati fino a 4 ettari, la Bosca, in fondo in fondo, non è poi cresciuta molto. Non ancora, almeno. Spetterà proprio a Luigi immaginare (e fare) il grande salto, ovvero trasformare l’azienda paterna in una realtà ben più grande e strutturata.
Ma per parlare di questo – trattenete la curiosità – c’è ancora tempo.
Prima soffermiamoci un attimo sulla figura di Luigi. E proviamo a inquadrare il personaggio. Precoce, vulcanico, instancabile, visionario: volessimo descriverlo affibbiandogli degli aggettivi, i primi che ci vengono in mente sono questi. Ma potrebbero essercene di più. E i fatti sono lì a dimostrarlo.
A 21 anni, Luigi è già sposato e sta tirando su famiglia. Saranno nove, alla fine, i figli: cinque femmine e quattro maschi. Nove. Ci piace ripeterlo, perché i numeri di Luigi – in diversi ambiti – fanno davvero effetto.
Quando Luigi inizia a curarsi degli affari di famiglia il periodo storico è davvero particolare: siamo nella seconda metà dell’800 e il Belpaese è caratterizzato da un fenomeno socio-demografico di proporzioni gigantesche passato alla storia con il nome di Grande Emigrazione.
Milioni e milioni di italiani lasciano tutto per cercare nuove opportunità nel nord Europa e in America. Vedete, di nuovo numeri. Impressionanti.
Ed è proprio qui, davanti a questi numeri, che Luigi ha una grande intuizione. L’intuizione, sarebbe più corretto dire. Il nostro, infatti, capisce che per l’emigrante il vino non è soltanto una bevanda alcolica. Ma rappresenta un raggio di sole, una zolla di terra – quelli del paese che ha lasciato: il nettare che fa riaffiorare i dolci ricordi dei tempi andati, della casa paterna, delle feste di famiglia.
E così, forte di questa convinzione, Luigi prende una decisione veramente controcorrente per l’epoca. Sì, perché mentre molti viticoltori piemontesi non riescono neanche a immaginare la possibilità di andare fuori Regione, lui imbarca il proprio vino su una nave a vela, varca l’oceano e arriva nel Nuovo Mondo. Per vendere agli emigranti un po’ di quel nettare che tanto ricorda loro l’Italia. E inaugurare, così, quella che diventerà una vera e propria strategia commerciale, visionaria e originalissima.
Il viaggio, infatti, ha un successo inimmaginabile: le cose vanno talmente bene che Luigi deve tornare in fretta e furia in Piemonte per organizzare subito altre spedizioni. Le traversate atlantiche di Luigi Bosca, alla fine, saranno ventitré. Ventitré. Da allora, per tutti, Luigi sarà noto come “Il vivandiere degli emigranti”, un soprannome che ne racconta perfettamente l’inarrestabile spirito pionieristico.
Talmente inarrestabile che, dopo aver aperto una filiale Bosca in Francia a Nizza nel 1860, il nostro fonda altre succursali Bosca all’estero affidandone la direzione ai propri figli: il primogenito Pietro e il giovane Carlo. A cui rispettivamente spetterà la conduzione delle sedi di Buenos Aires (1889) e New York nel (1903).
Ma di questi, e di molti altri personaggi della storia Bosca ci sarà tempo (e piacere) di raccontare nelle prossime puntate di Beautiful Bosca.